Parlare oggi di famiglia significa addentrarsi in un territorio complesso e implica necessariamente confrontarsi con grandi trasformazioni che la nostra società ci impone.
Stiamo passando da una famiglia che fino a poco tempo fa era una famiglia patriarcale, con tradizioni forti, condivise, dove l’uomo era al vertice e capo indiscusso, a una famiglia dove i ruoli genitoriali non hanno più confini; inoltre, viviamo in una società che plasma costantemente e in modo complesso gli individui.
Il ruolo delle donne è completamente cambiato; investono in percorsi di studi, raggiungono posizioni importanti di successo e spesso, per motivi pratici e di necessità, coinvolgono l’uomo nella cura dei figli.
Questi cambiamenti all’interno della coppia implicano cambiamenti forti tra le parti e l’uomo si trova, in un certo senso, “obbligato” a modificare il suo ruolo al fine di essere di supporto alla propria compagna sia nei lavori quotidiani sia come sostegno emotivo nel periodo successivo al parto condividendo così, anche problematiche tipiche delle donne come la depressione post-partum.
QUANDO NASCE UN FIGLIO
La nascita di un figlio è un evento importante, soprattutto in questi tempi; una sfida impegnativa, straordinaria che segna un passaggio importante dove la donna diventa madre e l’uomo padre.
Il neonato porta un cambiamento radicale nella coppia di elementi senz’altro positivi ma anche negativi come ansia, senso di inadeguatezza e spesso problemi di tipo economico.
Le abitudini apprese devono essere cambiate; il centro del mondo si identifica con il bambino e spesso, quei ruoli che si apprendono in modo istintivo, di fatto poi non sono così scontati ed intuitivi.
Alcuni autori evidenziano che la maternità sia un fatto naturale, biologico mentre la paternità sia un fenomeno sociale fortemente condizionato dalla cultura; tuttavia anche il ruolo di madre deve essere accettato e riconosciuto sia per quanto riguarda gli aspetti cognitivi che affettivi.
La scelta di avere un figlio dovrebbe essere determinata da una serie di motivazioni proprie, da un livello di maturità che la donna, ma anche l’uomo, pensano di aver raggiunto tuttavia, non basta la motivazione, di fatto servono anche altri fattori come una sicurezza occupazionale, una relazione stabile di coppia, l’età biologica giusta; spesso invece, le motivazioni di una donna prevalgono su decisioni prese da parte degli uomini e ciò potrebbe determinare in futuro contrasto poiché un figlio non è sinonimo di maggiore accordo di coppia.
La scelta di un figlio fa sperimentare sia nell’uomo sia nella donna un grande entusiasmo ma nello stesso tempo obbliga la ristrutturazione delle proprie abitudini cosa non sempre facile da ottenere; i partner devono ripensarsi in un ruolo diverso e vivere una dimensione diversa di rapporto con probabili oscillazioni e sensi di colpa che tuttavia devono imparare a gestire.
Insieme al desiderio di diventare genitori, si innescano quindi una serie di preoccupazioni, ansie, fatiche e dubbi, che se non supportati da un idoneo ambiente possono generare problemi che potrebbero deteriorare il rapporto di coppia.
Oggi le future madri frequentano corsi di pre-parto, leggono libri dedicati all’insegnamento della cura dei propri figli, ma poco si racconta su aspetti legati all’importanza del ruolo materno riguardo il legame madre-bambino-padre (Triade) o su aspetti che potrebbero riguardare stati depressivi post-partum e, nell’eventualità di insorgenza, su come affrontarli.
La nostra società apparentemente perfetta, implica che anche le future mamme debbano essere madri perfette e quando qualcosa non va si percepiscono come madri cattive, fallite nel loro ruolo e questi fallimenti ed errori, spesso percepiti nella cura del bambino, possono rinforzare il sentimento di scarsa autostima, generare tristezza, disperazione incrementando il rischio di depressione post-partum.
In tutto questo il padre dove è?
Lo spazio concessogli è poco o nullo; probabilmente ciò è dovuto alla nostra cultura in cui il rapporto padre-figlio è considerato un rapporto “a divenire”, da prendere in considerazione successivamente in quanto l’uomo non ha quello che viene definito “l’istinto materno”.
Nel passato la paternità era vista più come un insieme di obblighi morali che come condizione biologica e soddisfazione psicologica per lui stesso e per il proprio figlio.
Oggi, dopo molti anni, si comincia a vedere i padri non solo nel loro ruolo di lavoratori, ma anche nel ruolo attivo nel quale si prendono cura della propria creatura formando la cosiddetta “triade” con la madre e il bambino.
Il bambino diventa per la madre il centro dell’attenzione e spesso i padri si sentono esclusi da questa diade; quello che ormai sembrava consolidato viene interrotto e disgregato da dubbi; i quesiti emergono all’improvviso creando incomprensioni, stanchezza e minore comunicazione di coppia.
IL PERIODO POST-PARTUM
E’ un periodo molto delicato per le neo-mamme sia dal punto di vista fisico che mentale in cui è facile “sentirsi diverse”, scombussolate e resistenti verso tutto persino dal punto di vista sessuale; anche l’allattamento rappresenta sotto certi aspetti un ostacolo in quanto la madre si adatta alle richieste del bambino e quando può recupera le energie che le sono state sottratte, inoltre vi è una preoccupazione riguardo il corpo il quale ha subito modifiche e dovrà ritornare il più possibile uguale alla precedente situazione.
Spesso gli uomini non condividono questi tempi di ripresa e non si adattano alle nuove esigenze manifestando un probabile minor interesse sessuale probabilmente anche per un risentimento di gelosia verso la coppia madre-bambino o a causa di un possibile trauma vissuto nell’ essere presenti al travaglio e parto della propria compagna.
Ricerche importanti hanno dimostrato che la diminuzione dei rapporti sessuali è spesso causa di insoddisfazione coniugale non solo da parte degli uomini, ma anche dalla parte delle donne che tra l’altro, devono mediare anche il conflitto tra donna/madre.
ASPETTI DELLA DEPRESSIONE POST PARTUM
Il termine depressione si riferisce a una sofferenza psichica che include sintomi sia fisici che psicologici; l’aspetto principale riguarda l’abbattimento del tono dell’umore e può manifestarsi come unico episodio oppure a volte, si cronicizza in un vero e proprio disturbo depressivo maggiore con grosso impatto sulla quotidianità della vita.
I sintomi sono di tristezza, apatia, sensazioni di incapacità a svolgere qualsiasi ruolo; la sensazione che si prova è che tutto sia senza senso.
L’autostima si appiattisce e insorgono grandi sensi di colpa e di autosvalutazione.
La vita perde di senso e non si ritrova nessun piacere nelle attività quotidiane; emerge una forte ansia, vi è insonnia e la persona può arrivare fino al punto da favorire l’innescarsi di pensieri di morte.
Brooke Shilds in “E poi venne la pioggia” racconta il suo viaggio attraverso la depressione post-partum:
“All’inizio pensavo semplicemente di essere esausta, ma poi sono stata travolta da una violenta sensazione di panico che non avevo mai provato. Rowan continuava a piangere e temevo il momento in cui Chris me l’avrebbe riportata. Mi è venuta una specie di nausea, e sentivo come una morsa che mi stringeva il petto. Non avevo l’ansia che di solito accompagna le crisi di panico, ma avvertivo un senso di catastrofe.
Seduta sul letto pressoché immobile, ho emesso un lamento sordo, profondo. Non è che fossi nervosa o avessi voglia di piangere, come mi avevano detto
che sarebbe potuto succedere, ciò che provavo era una tristezza profondissima, sconfinata, che credevo non sarebbe mai passata. “
Quindi, per depressione post-partum si intende un disturbo di tipo depressivo che comincia il suo esordio dopo la nascita del bambino.
Si parla di depressione post-partum se l’esordio ha inizio entro le prime quattro settimane successive al parto anche se ci sono casi, che si sviluppano anche dopo due tre mesi con picchi di nuova insorgenza anche dopo sei/otto mesi.
Il disturbo in genere può colpire dal 10 al 15 % delle madri dove sintomi come il pianto, labilità dell’umore, ansia disturbi del sonno rappresentano i sintomi più importanti e comunque va distinto dalla psicosi post-partum la quale rappresenta un disturbo psichiatrico più grave ma anche molto più raro che di solito si manifesta nella prima settimana dopo il parto.
I fattori di rischio vanno ricercati nelle molteplici cause sia di tipo biologico ma anche di tipo psicologico e sociale.
Le ricerche si sono concentrate verso fattori di rischio probabilmente più importanti e cioè: di tipo biologico come i cambiamenti ormonali, ma anche di tipo psicologico e psicosociali in quanto anch’essi rappresentano, specialmente in questo momento di grossi cambiamenti sociali e culturali, aspetti determinanti riguardo l’attivazione dei sintomi.
Molti studiosi sono concordi nell’individuare come fattori stressanti, problemi di tipo economico, carenza di sostegno in ambito familiare, eventuali lutti e divorzi quali cause che attivano la comparsa dei sintomi depressivi.
Per questi motivi sono da tenere in considerazione l’importanza delle risorse
sia personali ma anche di tipo ambientale, che la persona ha a disposizione per affrontare gli aspetti negativi che sono causa della sintomatologia depressiva.
Naturalmente ci sono diversi punti di vista riguardo gli effetti scatenanti; alcuni sostengono per esempio l’importanza del partner come figura fondamentale di sostegno, altri invece sostengono l’ininfluenza di questo in quanto anche il neo padre, si trova in un momento di difficile cambiamento per cui difficilmente si può contare nel suo apporto.
DEPRESSIONE POST PARTUM NELL’UOMO
I sintomi come nel caso della depressione post-parto femminile, sono ansia senso di colpevolezza immotivati, paura, panico, senso di inadeguatezza e inefficacia rispetto agli eventi, insonnia, crisi di pianto e pensieri autodistruttivi.
Una ricerca condotta in Inghilterra da parte di due psichiatri (Trethowan e Conlon) e realizzata su un campione di 327 mariti, dimostrava come un futuro padre su 9, circa l´11% del campione, manifestasse sintomi particolari quali perdita di appetito e nausea; gli stessi disturbi che sopravvengono nella donna durante la gravidanza.
I due ricercatori definirono il disturbo “sindrome della couvade” (serie di rituali che nelle società tribali riassorbivano in maniera indolore i disagi legati al passaggio di stato verso la paternità) e la interpretarono come una forma di somatizzazione dei disturbi dei quali soffrivano le mogli in attesa e indotta nei papà a causa della situazione d´ansia che sperimentavano a causa del grande
cambiamento.
Sicuramente gli uomini non devono fare i conti con gli ormoni i quali invece incidono sull’umore della neo mamma, ma per il resto si prendono nella sua totalità il pacchetto completo di un nuovo ruolo genitoriale depressione compresa.
Fino ad oggi quasi tutte le ricerche si sono incentrate sulla figura della madre e sul suo ruolo nel rapporto con il bambino.
La paternità è stata per lungo tempo vista come un ruolo prevalentemente di supporto economico e in parte disciplinare mentre il ruolo materno è stato per secoli definito “un istinto”; solo ultimamente si è presa in considerazione “la triade” famigliare come una necessità imprescindibile per un sano sviluppo psico-fisico del bambino e per una buona relazione affettiva familiare reciproca.
La paternità cosi ha visto incrementare la sua importanza e soprattutto la sua attenzione da parte di molti studiosi.
Questo maggiore interesse è scaturito dal progressivo aumento di separazioni e divorzi, da un maggiore scambio di ruoli da parte delle donne verso il mercato del lavoro, ma anche da fattori che coinvolgono i padri nella divisione dei lavori domestici e nella cura dei figli.
Alcuni studi condotti in Italia hanno dimostrato l’importanza del ruolo che il padre svolge nello sviluppo del bambino (Dell’Agnese & Ruspini, 2007); di fatto, è stato rilevato che l’investimento emotivo del padre nella cura del bambino è correlato ad una buona salute del bambino, al suo sviluppo cognitivo e alla sua competenza sociale, ma soprattutto svolge una funzione di controllo emotivo regolando la qualità dell’attaccamento madre-bambino.
Solo recentemente la società ha cominciato a sostenere che la genitorialità è
un’impresa condivisa sia dalle madri che dai padri contribuendo così a restituire al padre quell’immagine di autorevolezza che l’avevano caratterizzato in passato; uno dei segnali di cambiamento è la partecipazione del padre alla gestazione, alla nascita e la sua presenza in sala parto, grazie anche all’incoraggiamento da parte delle figure professionali e ai vari servizi per l’infanzia.
Tuttavia nonostante cambiamenti alcune ricerche hanno evidenziato che il disturbo DPP non riguarda solamente le neo-mamme ma anche circa il 10 % dei padri i quali soffrono di questo disturbo.
La differenza, almeno sempre secondo il punto di vista di alcuni studiosi, sarebbe da ricercare nei fattori psicologici dove lo stato depressivo sarebbe indotto dall’altro partner depresso che farebbe vivere una relazione di coppia conflittuale.
Di sicuro ci sono anche altre cause non ultimo, problemi legati alla perdita del lavoro i quali influiscono in modo importante nello scatenare i sintomi depressivi.
Naturalmente il DPP non riguarda solo la coppia padre-madre ma coinvolge anche il bambino dove i figli di genitori depressi, sono portati a sviluppare problemi comportamentali e soprattutto disturbi emotivi tra i 3 e 5 anni.
Anche studiosi come Deater‐Deckard et al. (1998) sono concordi nell’ipotizzare che la relazione tra DPP materna e paterna dipenderebbe dal fatto che vivendo insieme lo stato depressivo questo, influisca direttamente sull’uno e sull’altro rinforzandosi a vicenda; altri invece riconoscono come fattore precipitante un basso controllo individuale e vivere con bassa gratificazione sociale la propria esistenza (Leathers, Kelley & Richman, 1997) dove lo stress agisce determinando una insoddisfazione coniugale
compromettendo il benessere di tutta la famiglia.
Studiosi come Matthey e Barnett (1999) hanno ipotizzato che, mentre la donna durante la gravidanza frequenta i corsi preparto e dopo la nascita ha una ricca rete informale che può sostenerla (amici, madre, suocera) e servizi con cui può entrare in contatto grazie al bambino, l’uomo non avendo le medesime opportunità della donna ha meno possibilità di prepararsi alla paternità in modo adeguato e spesso, non può contare su nessun aiuto.
Questa mancanza di preparazione porterebbe l’uomo a non condividere le attività di cura e domestiche con la propria partner provocando un decremento della soddisfazione della relazione di coppia.
E’ evidente come il ruolo del padre nella vita del bambino appena nato e nel rapporto con la propria compagna stia cambiando sia in Italia e nel resto del mondo occidentale; i futuri padri partecipano ai corsi pre-parto, accompagnano le partner alle visite, le assistono in sala parto, fungono da importante supporto influenzando positivamente la compagna soprattutto dopo il parto, ma solo recentemente si è cominciato a parlare di depressione post-partum nei papà (Ballard & Davis, 1996; Paulson et al., 2006) e degli effetti che può avere anche sul comportamento e sullo sviluppo emotivo del bambino (Ramchandani et al., 2005).
Il Dott. Alberto Pellai medico ricercatore presso il Dipartimento di Sanità Pubblica della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Milano nel 2007, dimostra come questo problema sia molto diffuso anche nel nostro territorio.
E’ stato somministrato un questionario ai neo‐papà subito dopo la nascita del bambino in quattro ospedali diversi nel Nord‐Ovest d’Italia.
Le domande sottoposte ai padri riguardavano il proprio stato di salute
psicologica durante la gravidanza, le conoscenze relative alle competenze del neonato, lo stato di salute della madre dopo il parto, partecipazione ai corsi preparto, le preoccupazioni sul futuro ruolo di genitore, domande sui ruoli di genere, il supporto della rete amicale.
Dalle risposte date sono emerse ancora oggi, forti convinzioni e opinioni influenzate da stereotipi legati all’identità di genere.
Solamente la metà del campione è consapevole che la nascita del bambino influenzerà profondamente il suo modo di trascorrere il tempo libero; inoltre sono molti che ignorano il fatto che le loro compagne probabilmente andranno incontro a possibili difficoltà fisiche e psicologiche.
La ricerca rileva che il 27% degli uomini dichiara di avere avuto durante la gravidanza problemi di sonno dovuti alle preoccupazioni del nuovo ruolo di padre, e solamente il 50% dichiara di aver avuto il sostegno da parte di amici o parenti amici.
Da questi risultati si intuisce l’esigenza di promuovere interventi e progetti al fine di rendere più consapevole il ruolo della paternità e delle difficoltà a cui possono andare incontro lui, la propria partner e di conseguenza il bambino.
Questo tipo e altri esempi di valutazioni ancora oggi non sono sostenute ed incentivate in Italia e ancora si da poca importanza alla “Triade” come condizione essenziale per la coppia e soprattutto per il benessere psico-fisico
del bambino.
Interpretazione psicodinamica
L’interpretazione psicodinamica della paternità rievoca nel neo-padre il ricordo esatto di quando lui era inserito nella posizione triangolare nel rapporto con i propri genitori, ma la differenza è che questa volta, le posizioni dei genitori sono sostituiti dalla moglie e dal bambino; ma in questo secondo triangolo si riportano tutte le specifiche esperienze che il neo-padre ha vissuto come figlio nel primo triangolo dove la moglie viene vissuta come madre che dedica tutte le sue attenzioni al bambino privando il compagno dell’amore.
Questo sentimento è tanto più evidente e tanto più conflittuale quanto più nel rapporto di coppia la donna (moglie) gioca un ruolo materno nei confronti del proprio uomo soddisfacendo così i suoi bisogni di dipendenza; la dipendenza però nel neo-padre viene vissuta come frustrante perché generà in lui senso di inferiorità reso ancora più forte dal fatto di vedere, la capacità della donna di essere gravida, di partorire e allattare e ciò suscita in lui sentimenti di invidia e gelosia verso la parte generatrice femminile sentita come onnipotente in quanto ha la capacità di procreare a dispetto di lui.
Per questo nascono conflitti, sicuramente mossi dalla rivalità e che prendono origine prima di tutto, da identificazioni femminili dell’uomo.
Quindi, da una parte il padre, con l’arrivo del figlio, risperimenta la propria nascita e infanzia regredendo con il proprio pensiero, il che dovrebbe fargli comprendere i bisogni del bambino, dall’altra invece lo stesso bambino lo separa dalla moglie-madre, riattualizzando così il suo antico rapporto con i suoi genitori.
A rinforzare questa conflittualità spesso interviene quel ripiegamento emotivo su sé stessa che la donna opera in maniera narcisistica durante la gestazione privando l’uomo della libido oggettuale che precedentemente invece era rivolta verso di lui.
Queste situazioni creano nell’uomo un senso di insicurezza circa le sue “competenze” anche di tipo sessuali e spesso si osserva una interruzione o diminuzione dell’attività sessuale durante il periodo della gravidanza anche per il timore di nuocere al bambino.
Con la nascita di un figlio si riattualizzano tre generazioni: quella del nonno, del padre e del figlio e se da un lato, il padre teme di essere punito da suo padre per aver realizzato dei desideri proibiti, dall’altro teme che il figlio nutra verso di lui i suoi desideri.
Tuttavia da questo coinvolgimento scaturiscono aspetti anche positivi; questa identificazione dell’uomo con il padre comporta l’orgoglio per la propria virilità, così finalmente egli può assumere quel ruolo tanto desiderato di sentirsi sia protettore che provvidente verso tutti i bisogni della famiglia e questo in parte, contribuisce a “ridare” quella giusta onnipotenza che aveva perduto precedentemente dopo la nascita del proprio figlio.
Conclusioni
La depressione maschile scatenata dall´arrivo di un figlio resta ancora un fenomeno poco comprensibile.
La nascita è un momento di grande gioia, ma non sempre è così; nella società moderna il sesso forte diventa un remoto ricordo, e se le donne vivono grandi disagi, i maschi soffrono enormi debolezze.
Molte situazioni di difficoltà sono legate allo stress e quindi alla difficoltà di adattamento; molti padri sono impreparati riguardo il nuovo ruolo e pochi sono consapevoli riguardo le trasformazioni della donna durante e dopo l gravidanza.
Lo stress gioca un ruolo fondamentale in questa delicata situazione famigliare, ma non solo in questa; bisogna quindi cercare di curarlo attraverso tecniche di rilassamento ma anche attraverso un’attività di pensiero necessaria per riflettere riguardo nostri lati umani, i nostri limiti e soprattutto per riconoscere il giusto senso e valore della vita.
Tuttavia l’obiettivo rimane comunque quello della prevenzione attraverso un’esatta informazione; bisogna quindi cercare di utilizzare strumenti adatti allo scopo, alla popolazione e di conseguenza alla cultura di appartenenza e soprattutto, non bisogna farsi degli scrupoli nell’utilizzare sia la rete amicale, che istituzionale quando ci si trova davanti a momenti di difficoltà.
Bibliografia
– Ballard, C.G. and Davis, R. (1996). Postnatal depression in fathers. International
Review of Psychiatry, 8 (1).
– Brooke Shields (Autore) “ E poi venne la pioggia” – E. De Medio
– Deater‐Deckard, K., Pickering, K., Dunn, J.F., Golding, J. and the Avon
Longitudinal Study of Pregnancy and Childhood Study Team (1998).
– Dott. Alberto Pellai medico ricercatore presso il Dipartimento di Sanità Pubblica Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Milano nel 2007
– Leathers, S.J., Kelley, M.A. and Richman J.A. (1997). Postpartum depressive
symptomatology in new mothers and fathers: parenting, work, and support.
– Jou Ramchandani, A.S., Evans, J., O’Connor, T.G. and the ALSPAC study team,
(2005). Paternal depression in the postnatal period and child development: a
prospective population study.